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Il Maschio Alfa - 4/5


di leatherbootsfetish
06.06.2024    |    3.465    |    5 9.6
"“Ma adesso è tutto di nuovo a posto e non sono io quello che deve pagare pegno” mi disse di nuovo allegro..."
“Fratello, se fai così ogni sera giuro che domani mi trasferisco veramente da te”. Il tono della voce indicava che stava scherzando ma era evidente che si stava finalmente rilassando.
Dopodiché rimanemmo in silenzio, ognuno nei propri pensieri, fino a quando il respiro regolare che gonfiava e sgonfiava il suo petto non mi confermò che si era riaddormentato.

Mi svegliai sentendo una pressione improvvisa sul materasso di fianco a me. Quando aprii gli occhi vidi Sergio completamente nudo seduto dall’alta parte del letto che si strofinava i capelli umidi con l’asciugamano di spugna.
“Finalmente ti sei svegliato” mi disse con tono incolore alzandosi e venendo di fianco a me. “Cosa vuoi per colazione?”
A me piace che qualcuno si prenda cura di me appena mi sveglio, così mentre mi stiracchiavo per risvegliare i muscoli intorpiditi gli risposi: “Mi basta un caffè, grazie”
Si piegò su di me per assicurarsi che non perdessi neanche una parola di quello che aveva da dirmi.
“Così, secondo te, io sono il tipo di uomo che porta la colazione a letto alla sua puttanella di turno. Intendevo: per colazione vuoi cominciare con uno dei tuoi incredibili pompini o preferisci che te lo metta subito in culo?”
Si fece una risata prima di raddrizzarsi nuovamente rimanendo però sul mio fianco al letto in modo da tenere il corpo nudo con il cazzo penzolante perfettamente davanti ai miei occhi.
Saranno state le sue parole oppure la vista del suo fisico, ma a quel punto fui completamente sveglio.
“Scherzo” disse allegramente venendosi a sedere di fianco a me. “È stata una serata interessante e stamattina ho ripensato a quello che mi hai detto ieri sera. Tu mi piaci molto e non pensavo che fossi così sensibile sulla questione della tua sessualità. Dato che è evidente la tua natura è quella di farti manipolare dagli uomini e godi come un pazzo nel farti sottomettere fino al livello più basso, non pensavo ti importasse altro.

Era un modo strano di cominciare la giornata, ancor di più avendo a fianco una macchina del sesso come lui, ma non mi tirai certo indietro.
“Hai ragione fino a un certo punto. Questa è una parte di me che ormai conosco molto bene e con la quale devo ancora imparare a convivere. Per fortuna però, nella mia vita non ci sono stati molti uomini che siano riusciti a entrare nel mio cervello a tal punto da prendere il sopravvento e disporre di me a loro piacimento. Al contrario, ti garantisco che sarei felice di poter essere al tuo posto. Quello che mi differenzia da te è che la capacità di riconoscere e accettare i miei limiti mi rende molto più forte di quello che sei tu”.

Probabilmente non si aspettava che replicassi e per certo non gli aveva fatto piacere essere messo in discussione, ma non disse niente dandomi quindi modo di continuare.
“Tu rifiuti di accettare la tua bisessualità e cerchi di metterti a posto la coscienza trattando i tuoi amanti come se fossero delle bambole gonfiabili, senza interessarti a loro, senza toccare i loro corpi e tanto meno i loro genitali. Probabilmente, la ragione per la quale non ti lasci andare a nessun atteggiamento intimo è che non vuoi correre il pericolo di scoprire che potrebbe anche piacerti.
Questo fa di te un uomo a metà, psicologicamente debole e sessualmente insicuro”.

La sua faccia smarrita mi confermò che avevo colto nel segno ma piuttosto che affrontare la cosa mi rispose rudemente: “Tu non sai quello che cazzo dici. Ti sono sembrato debole o insicuro mentre ti scopavo? Tu non sai niente di me”
All’improvviso mi venne un’idea.
“Dimostramelo. Facciamo un gioco. Vista l’ora possiamo tranquillamente saltare la colazione e andare direttamente a pranzo. Io adesso vado a farmi una doccia, mi lavo per bene per togliermi questa puzza da dosso e poi, visto che oggi sembrerebbe esserci un po’ di sole, recupero un casco e poi mi porti a fare un giro in moto”.
Ero entusiasta all’idea di passare altro tempo con lui ed ero sicuro che non ci sarebbero state difficoltà a recuperare un casco dal mio vicino. Così continuai.
“Oggi mi comporterò come se tu fossi l’unico uomo sulla terra, sarò appassionato e amorevole. Sarò sottomesso e devoto, trattandoti come se tu fossi la mia unica ragione di vita. Se è vero quello che dici non dovrebbero esserci problemi per te. Dico bene?”
Senza troppa convinzione mi rispose “Assolutamente no”

“Io invece sono convinto che non ce la farai. Facciamo una scommessa: se riuscirai a resistere fino alle sette di stasera a relazionarti con un partner maschile avrai vinto tu. Se io mi tirerò indietro nel corso del pomeriggio, avrai ancora vinto tu. Ma se sarai tu a rinunciare avrò vinto io e la posta in palio sarà la completa sottomissione del perdente nei confronti del vincitore. In pratica, chi dei due resisterà più a lungo avrà il pieno controllo sull’altro fino a quando non ti toglierai finalmente dai coglioni”.
L’avevo sfidato sapendo perfettamente che per un uomo così non era ammissibile rinunciare a una competizione.
Infatti, dopo un attimo di indecisione, mi guardò e disse: “Senti, senti. Lo schiavetto sta provando a tirare su la testa. Sarà divertente trattarti per tutto il pomeriggio per quello che sei e poi stasera farti penare per avere l’unica cosa che desideri veramente. Tutti dovranno rendersi conto della checca che sei nel profondo, ma prima di tutto farò in modo che te ne renda conto tu stesso”.

Aveva abboccato. L’egocentrismo, l’orgoglio e la sicurezza in sé stesso gli avevano impedito di rendersi conto che in questa sfida lui era l’unico ad avere qualcosa da perdere mentre io cominciai a fantasticare su quanto mi sarei divertito ad avere un controllo totale su quel ragazzone per tutta la serata.
Mi avvicinai al suo viso, allungai la mano per accarezzargli la guancia giocando con le dita con il lobo dell’orecchio e con un tono da gattina gli sussurrai all’orecchio: “Amore, non vedo l’ora che arrivi sera per farti provare quanto può essere bello prenderlo nel culo dall’uomo giusto”. Dopodiché mi alzai per andare in bagno a prepararmi lasciandolo seduto da solo sul letto, probabilmente a rimuginare sulla cazzata che aveva appena fatto.

Una volta pronto, tornando in camera notai i suoi slip dietro alla sedia dove li avevo lanciati la sera precedente. Li raccolsi rapidamente per dare loro una profonda sniffata e li nascosi bene in fondo al materasso. Li avrei custoditi con cura, anche se non ero sicuro che sarebbero stati mai più lavati.
Vidi che aveva messo sul letto un paio di pantaloni in pelle e una canotta leggera prendendoli dal mio armadio. Sergio mi raggiunse un attimo dopo e lo guardai con aria interrogativa senza capire cosa avesse in mente.
“Vediamo come stai con questi” mi disse sorridendo per poi tenermi gli occhi addosso per tutto il tempo in cui mi vestivo.
Guardandomi allo specchio mi resi conto che quei calzoni lucidi e attillati, abbinati alla canotta aderente, sarebbero stati decisamente più adatti per un gay party o per una serata leather piuttosto che per una scampagnata domenicale.
“Morirò di freddo vestito così” gli dissi cercando di farlo desistere.
Sergio mi venne alle spalle e guardandomi nello specchio mi pizzicò i capezzoli con le dita e disse: “Meglio, mi piace che ti si vedano le tettine che spingono da sotto. Vedrai, sarai contento di essere il mio frocetto”.
Era riuscito a imbarazzarmi e dovetti riconoscere che così vestito nessuno avrebbe potuto avere dubbi circa il mio orientamento sessuale.
Non che me ne vergogni, ma in genere evito di ostentarlo.

La prima tappa fu in un centro commerciale dove mi comprò due collanine e una serie di braccialetti che tintinnavano uno sull’altro ad ogni movimento della mano, ai quali aggiunse un orecchino magnetico con una croce pendente che mi fece applicare al lobo dell’orecchio.
“Adesso sì che sei perfetto”.
Per me che normalmente non porto neanche il più piccolo accessorio, tutta quella chincaglieria era decisamente troppo vistosa, mi trasformava in un personaggio femmineo nel quale non mi riconoscevo, non mi piaceva per niente e mi faceva sentire in grande imbarazzo.
Ma non ero certo disposto a cedere per così poco e dato che sembrava volermi femminilizzare ero pronto a dargli quello che chiedeva.
“Biscottino, sei incredibilmente sexy. Ce l’ho così duro da farmi male”. Mi disse sottovoce per non farsi sentire dalla commessa.
Mi prese la mano portandosela sul pacco e sentendolo così eccitato mi resi conto che le cose non stavano andando come avevo immaginato.
Ma io non avevo ancora cominciato a giocare.

A Sergio piace apparire duro e macho ed ero quindi certo che un tipo rigido, egocentrico ed anaffettivo come lui sarebbe stato in grande difficoltà nel dover gestire le effusioni che il suo partner, seppur fittizio, gli avrebbe riservato in pubblico.
Andando verso l’uscita scelsi quindi il posto più affollato per saltargli in braccio mettendogli la lingua in gola in mezzo agli sguardi sbigottiti della gente intorno a noi.
Lo sentii irrigidirsi e si staccò da me guardandosi intorno imbarazzatissimo. Ma quando mi illusi di avere già la vittoria in tasca, premette la bocca contro la mia e mi limonò davanti a tutti lasciandomi sbigottito. Decisamente il mio piano stava facendo acqua.

Guidava veloce zigzagando tra le auto nonostante lo scarso traffico domenicale. Per evitare di cadere e per cercare di scaldarmi ero costretto ad aggrapparmi stretto a lui, tenendo le braccia attorno al suo corpo. Ad un semaforo notai l’uomo dentro alla macchina di fianco a noi che continuava a guardarci cercando di non farsi notare.
Molto probabilmente, nella sua testa stava commentando quei due froci in motocicletta, fermi di fianco a lui: il maschio alfa con il femminiello al seguito.
Non mi lasciai scappare l’opportunità e feci scendere una mano lungo gli addominali di Sergio fino ad infilarla sotto alla cintura dei suoi pantaloni per arrivare ad impugnargli il cazzo, godendo della faccia imbarazzata dell’uomo in macchina che distolse immediatamente lo sguardo.
Mi resi conto che però Sergio non aveva gradito per niente quella manifestazione pubblica, così la ripetei a più riprese sentendo il suo uccello indurirsi ad ogni semaforo.

Individuammo una trattoria alla buona appena fuori città dove era quantomeno improbabile che qualcuno ci conoscesse. Non appena si tolse il casco vidi che cercava con difficoltà di sistemarsi l’erezione evidente all’interno dei jeans stretti, così mi avvicinai a lui facendo aderire il mio corpo al suo con fare sensuale e gli infilai la lingua in bocca accarezzandogli la patta senza vergogna.
Quando mi staccai gli dissi: “Amore, quando vedranno che razza di banana hai in mezzo alle gambe sarò l’uomo più invidiato del ristorante”. Lo presi per mano e lo portai all’interno senza preoccuparmi del rossore che gli illuminava il viso.
Nonostante l’ora di pranzo fosse ormai passata, il locale era ancora piuttosto affollato di famiglie con bambini, coppiette e gruppi di amici che avevano prolungato il pranzo per godersi l’ozio e le chiacchiere domenicali.
Tutti gli sguardi si concentrarono all’istante su di noi e, mentre attraversammo la sala per essere accompagnati al nostro tavolo, ne approfittai per accarezzare quel culo alto e muscoloso come se fosse la cosa più naturale del mondo, scatenando i bisbiglii degli avventori.

“Stai esagerando” mi disse con voce dura una volta che ci fummo seduti.
Allungai il braccio per prendere la sua mano sul tavolo un attimo prima che cercasse di ritrarla e tenendola stretta mi avvicinai al suo viso per bisbigliare come farebbero due innamorati. Gli regalai il mio sguardo più languido dicendogli: “Ti arrendi? Se me lo chiedi posso smettere anche subito”.
Rimase sulle sue per tutto il pranzo, resistendo ai miei attacchi e alle mie moine.
Sono arrivato addirittura ad allungare visibilmente una gamba sotto al tavolo per accarezzare la sua sapendo che la tovaglia a quadretti rossi non ci avrebbe nascosto alla vista, ma ancora non cedette.
Finito di mangiare mi si presentò l’ultima occasione ordinando il caffè. Misi i gomiti sul tavolo per guardare Sergio con sguardo sognante dicendo all’attonito cameriere: “Io lo prendo lungo”.

Era troppo per lui, pagò il pranzo e mi trascinò fuori. SI infilò il casco senza dire una parola, ma io non avevo ancora finito le mie cartucce.
Nonostante sentissi che stava per cedere mi stavo divertendo un casino a vederlo così in imbarazzo e adoravo stuzzicarlo continuamente per metterlo a disagio. Era evidente che ormai avevo la vittoria in tasca e si trattava solo di dare l’ultima spintarella per farlo cadere.
Dovetti anche riconoscere che farmi vedere in giro con un figo come lui mi inorgogliva molto e mi venne così istintivo individuare il posto più affollato della domenica pomeriggio.
“Andiamo a fare due passi in centro. Voglio che tutti vedano come sono fortunato a stare con uno stallone come te”. Gli dissi languido.
Lo vidi immobilizzarsi per un momento, ma poi si riprese e si tolse il casco.
Stavo preparandomi ad assaporare il gusto della vittoria, anche se non capivo perché avesse quello sguardo bastardo dipinto in volto.
“Certo coniglietto, facciamo come vuoi tu. Anche perché poi conto di presentarti un paio di miei amici. Sono sicuro che saranno felici di conoscere la puttanella nella quale ti sei trasformato”.
Il mondo mi cadde addosso. Non potevo pensare di venire buttato in un gruppo di selvaggi come lui, tra l’altro vestito in quella maniera. Così capitolai.
“No”, gli dissi. “Questo è escluso”.
Improvvisamente felice mi rispose: “Molto bene. Le regole le hai decise tu. Quindi adesso metti il casco e torniamo a casa tua”
E quando fui di nuovo seduto dietro di lui si girò per dirmi: “Continua pure a tenermelo in caldo finché non torniamo a casa. Me lo devi far diventare bello duro per quando te lo infilerò giù per la gola”

Era di ottimo umore quando ritornammo a casa. Chiusa la porta mi abbracciò stretto e mi baciò in bocca, per la prima volta con passione. Qualcosa era cambiato e non aveva senso che fosse solo l’euforia della vittoria.
Mi guardò come fa lui dall’alto al basso e disse: “Piccolo, a te piace vivere pericolosamente. Non hai idea di quante volte oggi ti avrei mandato a cagare dandoti delle gran testate”.
Si aprì raccontandomi delle sensazioni e delle incazzature che aveva vissuto in occasione delle vicende della giornata e ci ritrovammo seduti sul divano a ridere di gusto, finalmente più affiatati.
“Ho vinto e adesso devi pagare pegno, ma non ti preoccupare ho capito la lezione.
Era straordinariamente rilassato, così mi sentii di incalzarlo.
“Basta solo che impari a lasciarti andare facendo tutto quello che ti passa per la testa, seguendo il tuo istinto per usare quell’arnese che hai in mezzo alle gambe come uno strumento di piacere invece che come un vibratore anale”.

“Voglio dirti una cosa” mi disse serio: “Solo perché tu lo sappia, avevi praticamente la vittoria in tasca. Ero arrivato al limite della sopportazione e non credo che avrei resistito ancora a lungo”.
Fece una pausa e poi aggiunse con un sorriso beffardo:” E poi ti posso assicurare che nessuno dei miei amici è al corrente di certe mie divagazioni”.
Bingo! Quella rivelazione spiegava una montagna di cose sui suoi comportamenti e confermava tutti i miei sospetti.
Sarà anche stato grande e grosso, ma alla fine aveva anche lui le sue incertezze e fragilità.
Se solo fossi stato un po’ più furbo e meno sicuro di vincere sarei sicuramente andato a vedere il suo bluff.

Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro e poi non volevo lasciarmi scappare quel momento nel quale sembrava essere permesso tutto.
“Anch’io devo farti una confidenza. Per tutto il pomeriggio ho fantasticato su come sarebbe stato bello avere il pieno controllo su di un uomo come te. Ti consiglio quindi di continuare a trattarmi male come hai fatto fino adesso perché voglio che tu sappia che non appena noterò anche un solo, piccolo, segnale di cedimento ne approfitterò per infilarti l’uccello in quel tuo bel culo sodo, scopandoti come se non ci fosse un domani”
Mi rispose serio: “L’ho capito e questo pensiero mi ha aiutato a resistere per tutto il pomeriggio”.

“Ma adesso è tutto di nuovo a posto e non sono io quello che deve pagare pegno” mi disse di nuovo allegro.
Gli misi una mano sulla patta e gli risposi: “Già, questa volta pare che io debba accontentarmi del premio di consolazione. Ma a quanto sento potrebbe non essere così male”
Mi guardò e disse: “Oggi il frocio, passivo e voglioso, che si farà sbattere da questo stallone sei tu. Per farti perdonare per quello che mi hai fatto passare questo pomeriggio, mi aspetto di vederti molto arrendevole, molto disponibile ma anche molto porco”.
Le sue parole e quanto avevo subito negli ultimi due giorni mi fecero entrare immediatamente nella parte anche se rimasi determinato a fargli provare un altro approccio al sesso che non fosse soltanto quello animale.

Stavo cominciando a spogliarmi quando mi fermò con la mano. “Voglio che resti vestito da frocetto ancora per un po’. Tutto quell’insieme mi piace da morire e il tuo culetto strizzato in quei pantaloni lucidi mi fa troppo sesso”
Allargò le gambe e mi sistemò rudemente in ginocchio tra di esse.
Si sporse in avanti con il busto per appoggiare la sua fronte sulla mia, tenendomi la testa immobile tra le sue mani mentre mi fissava negli occhi.
“È importante però che tu capisca fin da subito qual è il tuo posto. Non sto parlando solo di questa sera, ma di tutte le volte che mi verrà voglia di perdere tempo con un finocchio come te”.

Continua ...
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